La settimana appena conclusa ha dato uno spaccato ampio di tutti i fattori finanziari attualmente in gioco che dominano il corso dei mercati.
Siamo nel mese delle trimestrali americane (riferite al 3° quarter) e siamo soprattutto in una fase di calendario dove la quasi totalità delle banche centrali si riuniscono per le decisioni in tema di politica monetaria. A questo si aggiungono i periodici dati macroeconomici ora come non mai monitorati dagli investitori, per capire se gli effetti che le politiche adottate dalle banche centrali stiano andando nella direzione degli obiettivi delle stesse, in primis la chiave di volta dello scenario, ossia l’andamento dell’inflazione. La concatenazione dei vari aspetti diventa lampante quando si osserva l’andamento settimanale, ancora caratterizzato da saliscendi alternati. Anche se, nel complesso, il saldo finale delle borse è più che positivo e la volatilità (indice Vix sull’S&P 500) ha visto valori in decremento (area 25) e in ritirata dai massimi. Insomma, la fase resta da un lato ‘ordinata’ (ossia senza eccessi di panico), dall’altra i minimi fissati tra giugno e luglio rappresentano un argine importante che sta facendo il suo lavoro, quasi rappresentativo di limiti che non vanno varcati. Le asset class in questa settimana hanno visto quindi una non scontata ottima ripresa di tono dell’azionario, accompagnato da un calo dei tassi di interesse: sullo sfondo la riunione della BCE, prima tra le grandi banche centrali a riunirsi e che, come da attese, ha aumentato i tassi di uno 0,75%, ma che, secondo una parte del mercato, ha anche dato qualche indicazione per il futuro.
In ambito equity, quindi, l’indice MSCI World ha chiuso con un progresso del 4%, un saldo che rafforza il trend positivo di breve nato, all’inizio del mese, da area 3.500/3.600 di S&P 500. La chiusura di quest’ultimo è stata sui massimi, anche per le consuete ricoperture da pesanti flessioni infrasettimanali: per l’indice USA il rimbalzo (+4%) è riuscito a spingersi verso gli obiettivi di breve più ravvicinati (area 3.900). Siamo lontani dal poter dire che quel doppio minimo ‘sporco’ tra i valori dello scorso giugno e quelli registrati ad inizio ottobre garantisca la sigillatura del movimento ribassista del 2022, ma il mercato, periodicamente, ci prova e ci spera. Un anno, il 2022, in cui i mercati più volte hanno ammaliato gli investitori con rimbalzi travestiti da inversioni. Sul breve il recupero potrebbe mettere nell’obiettivo anche quota 4.000/4.100, Fed permettendo. L’indice S&P 500 ha fatto meglio del gemello tecnologico: l’indice Nasdaq 100 (+2%) zavorrato dalla la caduta rovinosa di alcuni big della tecnologia. Se quella di Alphabet e Microsoft è stata quantomeno dignitosa, Meta e Amazon hanno evidenziato come vi siano fenomeni di sgonfiamento della borsa tech. Che sia per la crisi dell’advertising, il calo nelle vendite dei dispostivi o gli inutili investimenti nel progetto del metaverso, il mondo tech vive una fase complessa, colpito fino ad oggi dall’aumento dei tassi e ora con qualche crepa nel business. Interessante notare come ancora una volta il rilascio di dati ‘cattivi’ (sull’immobiliare) abbiano dato fiato all’azionario, incentivato anche dall’aumento di un retorica che punta a far desistere la Fed dall’essere troppo aggressiva sui tassi.
L’Europa fino a giovedì aveva fatto meglio rispetto a Wall Street, con risalite medie attorno al 4%. Indici esposti su Energia e Finanza come il FTSE Mib sono riusciti a fare anche meglio (+4,5%). E l’indirizzo settimanale ha premiato infatti comparti difensivi e Value, con i soli Growth lasciati indietro dalle difficoltà dei giganti del tech. Giganti che pur hanno fatto la fortuna di Wall Street negli scorsi anni e che ora vedono netti cali soprattutto nella marginalità. Fortunatamente per Wall Street altri settori compensano i risultanti garantendo, anche per questo quarter, un’altra crescita degli utili aziendali, se pur su livelli decisamente più contenuti rispetto a prima. Tra i tematici da segnalare il buon tono di settori legati a infrastrutture, utilities e biotech (il Covid pare non aver terminato le varianti), più deboli invece i semiconduttori. Tra le altre borse particolarmente negative quelle cinesi (quasi -9% Hong Kong) a causa delle nuove prese di posizioni anti-mercato delle autorità di Pechino.
La settimana in ambito obbligazionario ha visto una pausa nel trend di salita dei tassi di interesse, con qualche segno più di sollievo per gli indici dei bond, martoriati nel 2022 sia nel segmento governativo che in quello corporate. E i recuperi sono stati anche sostanziosi, soprattutto per le lunghe scadenze della zona Euro, che, a venerdì scorso mostravano perdite anche del 30% da inizio anno. Colpa, ovviamente, di un trend di rivalutazione dei tassi che è stato rapidissimo, resuscitati dopo che erano sprofondati negli Inferi dei valori negativi nel periodo più intenso dei Quantitative Easing. Una manovra condotta dalla BCE e che ha visto proprio in settimana la decisione (attesa) di alzare i tassi di 75 bps, facendo salire il tasso principale al 2%, il tasso sui depositi all’1,50% e quello sui prestiti marginali al 2,25%. Nel comunicato post meeting, la BCE ha preannunciato ulteriori aumenti dei tassi, al fine di raggiungere il proprio obiettivo di inflazione del 2% nel medio termine. Christine Lagarde, presidente della BCE, ha cercato anche di quadrare il cerchio sul tema dei rischi recessivi, visto che la banca centrale si trova a fare esattamente il contrario di ciò che dovrebbe, ossia smussare il più possibile i rischi di ulteriore indebolimento dell’economia. Ma, “dobbiamo fare quello che dobbiamo fare”, dice la BCE. Ci si attende ora un intervento a dicembre da 50 bps e un trittico da 25 fino a settembre dell’anno prossimo, momento in cui il Target Rate si attesterebbe al 2,75%. Con una inflazione record nell’Eurozona (quella italiana ha registrato un clamoroso +3,5% mese su mese), difficile pensare di potersi fermare prima.
C’è però un elemento che non si può ignorare nel meeting della BCE, un punto che i mercati hanno immediatamente prezzato: già a partire da maggio/giugno 2023 il target rate è diminuito: circa un ‘hike’ da 25 bps. Un segnale che deriva dalle parole di Lagarde in merito alle condizioni economiche della zona Euro, dove hanno trovato spazio i concetti di ‘debolezza’ e di ‘rischi al ribasso’. Dopo gli atteggiamenti meno restrittivi della Banca centrale Australiana ad inizio mese di quello della Banca centrale canadese (che ha alzato i tassi dello 0,50% rispetto allo 0,75% atteso), il mercato ha letto una sorta di possibile ripensamento della velocità dei rialzi e forse anche, ipoteticamente, di una pausa. Da qui lo shift verso il basso dei rendimenti: il Bund, sia sulla scadenza a due anni (yield sotto al 2%) che su quella a 10 (yield al 2,10%), ha ceduto qualche basis point. Simmetrico il movimento sul Treasury americano che ha visto tornare il decennale anche sotto quota 4%, senza però approfondire troppo il colpo. Sui BTP italiani si è visto il movimento più corposo: da area 4,80% si è toccato rapidamente anche il 4%. Effetto trascinamento anche per gli altri segmenti obbligazionari, con High Yield e Corporate finalmente in recupero congiunto. La settimana prossima toccherà alla Fed decidere sui tassi: le attese vanno verso un rialzo del costo del denaro dello 0,75% (all’89%, il residuo è per un hike da 0,25%).
In ambito materie prime, settimana che ha visto un paniere sostanzialmente fermo nei livelli raggiunti: il rialzo del comparto energy (Gas +15%, Petrolio +3%) viene controbilanciato in negativo dal forte calo del segmento Softs (Caffè -11%, Cotone -9%). Debole anche l’oro che torna sotto quota 1.650 e che non trova ancora punti positivi. IL WTI Crude Oil invece si ripropone appena sotto quota 90$, resistendo alla tendenze ribassiste della scorsa settimana.
In ambito valute, prima della riunione della BCE, l’Euro ha tentato un breakout di inversione verso il Dollaro (max quasi a 1,01) ma dopo le parole di Lagarde, il cross è tornato a premiare la valuta statunitense con il cross che mestamente ha visto il ritorno sotto la parità. Tra le altre valute si è visto un buon recupero della Sterlina: il nuovo governo pare iniziare col piede giusto. Su le cripto.
Fonte: ufficio studi Consultique SpA