E' il tema della settimana trascorsa.

L'indice PMI composito dell'Eurozona (l'indice che misura le aspettative dei manager) misurato a giugno sotto quota 50 ha acceso il pessimismo (peraltro rafforzato da notizie dal fronte Asia tutt'altro che positive) e fatto vivere ai mercati europei una settimana negativa con apice nella giornata di giovedì quando gli indici Europei hanno accentuato il calo e mandato alla storia una seduta di ribasso di ampiezza a cui non eravamo più abituati: Eurostoxx50 -2,93%, e Dax tedesco -2,56%. Persino l’indice italiano, da tempo quasi inossidabile, ha fatto -2,53%.

Negli Usa meno rilevante la correzione ma la prospettica ormai sempre più rafforzata dai segni di recessione pressochè inesistenti garantisce che la FED ha il via libera per alzare ancora i tassi e confermare la prospettiva di tassi più alti e più a lungo, che Powell ha insistentemente ipotizzato nelle scorse settimane nell’incredulità dei mercati. Così ieri i mercati obbligazionari hanno dovuto adeguarsi, portando anche la parte a lungo termine della curva ad incorporare rendimenti in notevole crescita. Il Treasury decennale ha infranto quota 4% di rendimento ed anche il trentennale è arrivato da quelle parti di tassi in rialzo e a lungo.

Tecnicamente il calo di giovedì ha provocato i primi segni di inversione ribassista in Europa. Il Dax ha già invertito ed Eurostoxx50 è molto vicino a dare oggi analogo segnale. Ha invece ancora fieno in cascina l’indice italiano. In USA le tendenze di breve e medio periodo sono ancora intatte al rialzo, ma se dovesse continuare il calo potrebbero crearsi modelli di inversione, come il doppio massimo che si comincia ad ipotizzare su Nasdaq100.

 

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