Dopo i primi quattro mesi del 2023 positivi gli indici azionari europei, sintetizzati da Eurostoxx50, hanno chiuso malamente il mese di maggio.

Vuoi per il cattivo esempio arrivato dai mercati asiatici, tutti in calo, vuoi per i sussurri che arrivavano dagli USA su possibili insurrezioni dei congressisti repubblicani contro la legge di sospensione del tetto del debito, la seduta di ieri è partita già in calo. Poi sono arrivati in mattinata dati macroeconomici europei in chiaroscuro. La prima stima provvisoria dell’inflazione in Germania e Francia ha mostrato un calo assai più consistente delle attese degli analisti. Ciò è bene in ottica tassi di interesse, perché toglie un po’ di pressione alla BCE e magari aumenterà il numero dei membri che voteranno per alzare un po’ meno i tassi ufficiali. Ma con la Germania in calo produttivo nel primo trimestre, più di un operatore deve aver cominciato a temere che arrivi la recessione prima in Europa che in USA. O che magari stia già per bussare.

Così la seduta si è avvitata e, invece di fare +1,6%, alla fine si è realizzato il contrario: -1,71%, con saldo mensile peggiorato a -3,24% per l’indice delle 50 blue chips d’Eurolandia. Ancor peggiore il saldo mensile di Ftsemib italiano (-3,79%) e Cac francese (-5,24%), ma meno brutto quello di Ibex spagnolo (-2,06%) e Dax tedesco (-1,62%). Nessuno dei principali indici europei è riuscito ad evitare il saldo mensile negativo.

Ci sono riusciti invece gli indici USA, che hanno avuto anch’essi una seduta di calo (-0,61% SP500 e -0,7% il Nasdaq100) ma i saldi di maggio dei due principali indici azionari USA sono rimasti positivi: +0,25% per SP500 ed uno spettacolare +7,61% per il tecnologico Nasdaq100, che la dice lunga su dove siano finiti i soldi degli investitori nel mese di maggio.

Così scopriamo che in Europa alla fin fine si è applicato il vecchio detto di Wall Street (Sell in May and go away), mentre proprio dove il detto è stato inventato gli operatori sembrano averlo ignorato.

Dal punto di vista grafico la seduta di ieri ha ulteriormente aumentato le distanze di sentiment tra i due lati dell’Atlantico. In Europa vediamo rotture ribassiste di supporti importanti (i minimi del mese di maggio) e la conferma di trend ribassisti di breve, che scendono ormai da settimane, con massimi e minimi discendenti sui grafici giornalieri. E’ possibile che la ritrovata debolezza europea spinga ad avvicinare ulteriormente i minimi di marzo, che sono ancora lontani (molto lontani per il Dax tedesco, ma meno per il Ftsemib italiano).

In USA quella che si è vista nelle ultime sedute è la formazione di un modello di inversione ribassista (Evening Star), che potrebbe aprire la strada anche laggiù all’affermazione di una fase correttiva.

Pare però assai meno probabile che in Europa, poichè a Wall Street la volontà di raggiungere l’area 4.300 di SP500 è ancora parecchia, così come la convinzione di potercela fare, dato che la Camera dei Rappresentanti ha dato il primo voto favorevole alla legge che rimuove fino a gennaio 2025 il tetto del debito, togliendo di mezzo una possibile scusa per vendere.

Certo, la prospettiva dei prossimi mesi è quella che la liquidità venga drenata a ritmi sempre maggiori, perché le idrovore diventano tre: i tagli alla spesa pubblica si aggiungono ai tassi alti e probabilmente ancora crescenti a giugno, e alla riduzione dei titoli in portafoglio da parte della FED (Quantitative Tightening), che resta in vigore.

L'incertezza continua a farla da padrona in una fase di mercato molto particolare. Continuano peraltro dati contrastanti (ad esempio l'occupazione negli Usa con fotografie diverse lato aziende e lato lavoratori) e lo spettro recessione che aleggia nelle due sponde dell'Oceano. I prossimi mesi ci diranno. 

Come sempre la raccomandazione è quella di programmare correttamente, magari con l'ausilio di un professionista, la propria pianificazione finanziaria. 

 

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