La volatilità rimane una costante di questa fase di mercato, con le borse in balia sia degli eventi bellici ma anche del contesto macroeconomico, in una settimana dove non sono certo mancate notizie in grado di condizionare il sentiment degli operatori.
In primo piano resta ovviamente il conflitto bellico tra Russia e Ucraina, con le difficoltà a trovare tra le parti una via diplomatica che metta fine alle ostilità belliche. Negli ultimi giorni le parti coinvolte si parlano, anche se resta la dialettica resta tesa e Mosca sembra voler più prendere tempo che trattare. L’avanzata russa, infatti, procede anche se più lentamente del previsto (da capire se volutamente o meno), mentre l’Occidente continua a rafforzare le misure sanzionatorie verso la Russia. Queste ultime sono tali ormai da configurare ormai un vero e proprio isolamento economico ad eccezione, tra i big della Terra, di Pechino, per ora neutrale.
Le devastazioni belliche, che hanno terribili ripercussioni sul piano umano, si spostano anche nel mondo della finanza, con le preoccupazioni sulle conseguenze economiche: i rialzi record delle materie prime pongono ostacoli sul percorso di consolidamento della crescita globale, la quale stava uscendo, a step progressivi, dall’emergenza Covid. L’impatto dell’inflazione è infatti ora un problema serio, riconosciuto (in palese ritardo) dalle stesse banche centrali, che si trovano, di fatto, tra l’incudine (la crescita dei prezzi) ed il martello (le conseguenze economiche, soprattutto prospettiche, del conflitto in corso).
In questa cornice di mercato in cui la geopolitica assume ancora un ruolo centrale, le borse hanno cercato di assestarsi dopo la debacle della settimana precedente, in cui specialmente i listini europei avevano pagato dazio, molto più di quanto sofferto da Wall Street. L’Europa, più danneggiata dal contesto attuale, ha comunque trovato la forza quanto meno di rimbalzare dai minimi di sette giorni fa, sfruttando anche fattori tecnici e acquisti opportunistici. Le speranze e gli spiragli di trattative (con la contestuale frenata dei prezzi dell’energia) unitamente alla possibilità di un maxi bond Ue per finanziare le spese per energia e difesa, hanno dato sprint ai listini europei che nell’ottava registrano un +3,7% per l’indice Eurostoxx 50, sospinto dal recupero dei titoli bancari e assicurativi. L’azionario europeo recupera solo una parte della perdita subita dopo lo scoppio del conflitto, restando comunque in netto negativo da inizio anno (-15%). La debolezza infrasettimanale per la delusione nel post-meeting BCE è stata rapidamente recuperata.
Wall Street chiude invece l’ottava con una flessione e sui minimi (S&P 500 -2,8%, Nasdaq -3,9%) con il persistere quindi di segnali di debolezza. Finora i listini USA hanno mostrato una minore volatilità e tutto sommato anche una certa resistenza nelle fasi più aspre del conflitto russo-ucraino. Wall Street è stata sostenuta dai flussi verso l’area Dollaro (significativi nell’ultima fase di mercato) ma anche dalla minore esposizione al conflitto. L’S&P 500 nelle ultime settimane si è mosso tra 4.200 e 4.400 punti, rimanendo però ancora in un movimento correttivo di breve. Rimane su valori elevati (30) l’indice Vix della volatilità.
Tra gli altri mercati, deboli gli emergenti, in particolare la Cina, dove sono tornate a manifestarsi incertezza sulle tech companies (delisting da Wall Street e dati non entusiasmanti nei conti). Nei comparti settoriali, segni più per Utilities ed Energy, assieme alla ritrovata forza del Clean Energy, favorito dai prezzi alle stelle dei combustibili tradizionali. Ancora positivi auriferi e materiali agricoli.
Settimana di retromarcia per il comparto commodities: il basket completo perde circa mezzo punto percentuale soprattutto per la discesa degli energetici. -5% per il WTI Crude Oil che torna in area 109 $ dopo i recenti record. In discesa anche il grano che vanta però ancora un +42% da inizio anno. In discesa anche i metalli industriali (ad eccezione del Nickel) mentre l’oro, dopo aver toccato i massimi sopra i 2000 $ ha anch’esso chiuso sotto i massimi settimanali ma comunque in progresso (+0,9%).
Per quanto riguarda l’asset class obbligazionaria, ottava di segno opposto rispetto a quella precedente, con segni meno generalizzati, sia sul versante governativo che su quello del debito societario. L’evento bellico solo momentaneamente ha messo infatti in secondo piano tutta la tematica relativa alla politica monetaria delle banche centrali, che sembrano essere ancora decise a perseguire i loro obiettivi di normalizzazione. Un indirizzo che inevitabilmente contrasta con la situazione di mercato attuale ma soprattutto per tutte quelle che potranno essere le conseguenze nei prossimi mesi in ambito macroeconomico. Le scelte diventano quindi difficili per i banchieri centrali: gli alti livelli di inflazione, ormai persistenti, rischiano di danneggiare la crescita e su questo punto stanno iniziando le revisioni al ribasso per il 2022. Ma anche il ritiro della liquidità da mercati ed economia può avere un impatto in una situazione di complessità come quella che si è venuta a creare, con il rischio di intervenire ormai in ritardo senza ottenere particolari vantaggi. Una parte dell’opinione di mercato riflette sugli errori della BCE di Trichet quando furono aumentati i tassi per fronteggiare il caro petrolio in una economia che era già avviata verso la recessione.
Proprio in settimana era prevista la riunione della Banca Centrale Europea, molto attesa per capire l’indirizzo che Francoforte avrebbe preso sulle tematiche sopra esposte. La BCE andrà avanti con la stretta monetaria per combattere l’inflazione, per il 2022 prevista al 5,1% mentre sul tema del supporto all’economia, entro fine mese, come previsto, termineranno gli acquisti Pepp, iniziati come contrasto all’evento pandemico Covid. Le sorprese sono arrivate però sul lato del Quantitative Easing “classico’’: il direttivo ha ipotizzato una fine anticipata, probabilmente nel terzo trimestre, con una decelerazione degli acquisti mensili (40 miliardi ad aprile, 30 a maggio e 20 a giugno). Il programma, quindi, non si estenderà fino alla fine dell’anno lasciando un margine di opzionalità a seconda dell’andamento macroeconomico. Sebbene la presidente Lagarde abbia parlato di una mera ricalibrazione, i mercati hanno intravisto una svolta che potrebbe preludere ad una più ravvicinato aumento dei tassi di interesse, che avverrebbe dopo il termine del piano di acquisti. Tanto è bastato per far sussultare i tassi e indebolire (se pur momentaneamente) il rimbalzo delle borse europee, vista la maggiore attenzione sui prezzi piuttosto che sulla crescita, che comunque è vista in ribasso rispetto alle stime precedenti (4,2% => 3,7%). Una scommessa non da poco quella della BCE.
Il dato di inflazione negli Stati Uniti pone BCE e FED di fronte alle stesse problematiche: il valore registrato (7,9% per i prezzi al consumo) è il più alto degli ultimi 40 anni. Facile spiegare quindi il balzo dei rendimenti sulla parte medio lunga della curva: il Treasury USA 10Y si è spinto infatti di nuovo vicino al 2%, trascinando poi anche gli altri governativi. Il Bund pari scadenza si è riposizionato in area 0,25% mentre anche sul debito periferico si è palesata di nuova una tensione sui tassi (yield BTP a 1,85%). Entro dicembre, il mercato si aspetta ancora 6-7 rialzi da 0,25% per la Fed (target 1,75%) e ora 4 ritocchi da 0,10% per la BCE (target - 0,10%). Il Segretario al Tesoro Yellen ha affermato che è lecito aspettarsi valori ‘sgradevolmente’ alti di inflazione ancora almeno per un altro anno.
Tra gli altri segmenti obbligazionari poca differenza rispetto alle ultime settimane: tutti i comparti restano complessivamente deboli ad eccezione di quelli legati alle aspettative di inflazione,soprattutto americana.
Ampia volatilità sulle valute, con il cambio Euro Dollaro USA che prima dai minimi di area 1,08 risale fino a quota 1,11, sospinto dalle conclusioni del meeting della BCE. In chiusura d’ottava però i valori hanno ritracciato in parte (1,09), vista l’incertezza presente. Ancora perdite per il Rublo russo in una settimana debole per diverse valute emergenti. Sempre in area 39.000/40.000 il Bitcoin.
Fonte: ufficio studio Consultique SpA