Nella settimana appena conclusa i mercati azionari hanno saputo concretizzare quel rimbalzo resosi necessario dopo aver sollecitato nelle ultime ottave importanti livelli tecnici.

Dopo una notevole sequenza di sedute negative, i mercati hanno trovato infatti nuova spinta (indice globale MSCI World +3% nella settimana) anche per semplici motivazioni di ipervenduto, con un ritorno di denaro sulle borse da parte di cercatori di occasioni e con le inevitabili ricoperture short. La riunione della BCE di giovedì, pur centrando le attese di un rialzo corposo (e record!) dei tassi, alla fine non ha disturbato più di tanto: è da fine agosto (dal meeting di Jackson Hole) che le borse stanno incorporando attese negative derivanti dall’azione delle banche centrali sui tassi, sia per l’azionario (con una compressione dei multipli), sia sui bond, con le palesi difficoltà in particolare del segmento governativo. Probabilmente, tolta di mezzo l’incertezza e gli eccessivi timori, i mercati si sono riequilibrati, guardando avanti in un mese molto ricco di appuntamenti importanti, dai meeting di BCE e FED fino ai tanto attesi dati sull’inflazione USA, con lo sfondo le dinamiche di geopolitica internazionale e relative al caro-energia.

I mercati americani sono stati leader nel recupero settimanale: il saldo vede un’S&P 500 molto tonico (quasi +3,7%), capace di reagire dal supporto fondamentale a quota 3.900. Il mantenimento del livello consente di raggiungere diversi obiettivi: in primo luogo evita uno sprofondamento tecnico che avrebbe avvicinato troppo i minimi di giugno, dall’altro permette di abbozzare una conformazione tecnica che rallenta il trend correttivo del 2022 e di guadagnare tempo in attesa dell’evoluzione dei dati fondamentali e macroeconomici. Insomma, area 3.900 ora farà da bastione di supporto e segnalatore di alert nel caso in cui i mercati sentano nuovamente ‘puzza di bruciato’. Intanto, sul breve, S&P proverà a tirare dritto fino ai successivi obiettivi a quota 4.150-4.200. Bene in settimana anche i titoli tech: Nasdaq +4%.

Le sfide dei mercati dei prossimi mesi non sono di facile risoluzione inducono poco a tentare previsioni eccessivamente propense verso tesi molto ottimistiche o molto pessimistiche. I prezzi faranno, come spesso accade, da termometro, intercettando quello che proverrà sia dagli utili aziendali (un riflesso del contesto macro) sia dalle necessità della politica monetaria, dove la Fed ha già deciso che non farà prigionieri e che il nemico da combattere, ossia l’inflazione, deve soccombere. Non sappiamo però al momento i costi di questo obiettivo. Le view degli analisti propongono una dispersione ampia: da chi prevede una recessione ‘soft’ e a macchia di leopardo in differenti aree economiche o addirittura una ‘growth recession’ (ossia un calo della crescita senza andare in negativo), fino a chi invece ritiene vi possano essere shock molto importanti e impattanti per gli effetti dell’inflazione e delle persistenti tensioni internazionali.

In questo contesto le borse europee hanno faticato maggiormente a tenere il passo dei listini americani (Eurostoxx +0,7%) ed anche i paesi emergenti sono rimasti indietro (-0,1%). Tra i settori, ampia positività ad eccezione dell’energy e dei difensivi, con i ‘growth’ con una marcia in più. Ancora denaro, tra i temi, su Clean Energy, Nucleare e Biotech.

Dopo mesi in cui è sempre stata la Fed a fare da ‘cattiva’ nel panorama delle banche centrali, nelle ultime settimane la BCE pare essersi messa di buona lena per far concorrenza alla banca centrale americana. Dopo tutto, il percorso iniziato da Christine Lagarde è chiaramente spostato in avanti rispetto a quello di Jerome Powell, che ha iniziato dallo scorso marzo a mettere fine al periodo di tassi a 0. Uno ‘shift’ in avanti che ha avuto come contraltare il netto rafforzamento del Dollaro USA, in un contesto dove entrambe le banche centrali devono confrontarsi con il problema dell’inflazione, se pur, quest’ultimo, con caratteristiche diverse. Da un lato, l’economia americana più resiliente del previsto (soprattutto nell’ambito del mercato del lavoro e dei consumi), dall’altro quella della zona Euro, fisicamente e direttamente più impattata dal caro energia e dalle conseguenze del conflitto bellico in corso tra Russia e Ucraina.

Il rafforzamento del Dollaro (che implicitamente fa anche il lavoro sporco di calmierare la crescita economica statunitense) ha anche però l’effetto di esportare inflazione, rendendo più care le materie prime e finendo per esacerbare nella zona Euro il rialzo dei prezzi finali. BCE, quindi, si vede quasi costretta ad agire dalle componenti nordiche del suo board (allergiche da sempre nel vedere andamenti disordinati dei prezzi) e ha chiaramente accelerato nell’iniziare le proprie politiche monetarie restrittive. Dopo aver portato a zero i tassi nel precedente meeting, il board della BCE ha optato per uno storico rialzo ‘monstre’ da 0,75%: non è stato però questo a rappresentare l’elemento più importante in quanto già incorporato nei prezzi. A destare più effetto è il percorso ipotizzato dalla Presidente Lagarde per il futuro, quasi a voler emulare toni e atteggiamenti del collega Powell verso il problema dell’inflazione. I mercati sono infatti arrivati a scontare la possibilità di un altro maxi aumento ad ottobre (0,75%), sebbene la tesi non sia ancora pienamente condivisa. Molto dipenderà ovviamente dai dati che usciranno nelle prossime settimane.

Le mosse delle banche centrali hanno un fattore comune, ossia quello di essere in ampissimo ritardo rispetto a quello che storicamente sarebbe necessario. L’effetto è ancora una volta un’ottava di sofferenza per i titoli governativi. Il decennale tedesco è arrivato a toccare l’1,80% e quello italiano il 4%, ossia i livelli massimi del 2022. In più, anche la BCE ha parlato della necessità di far dimagrire il proprio bilancio. Non sarà semplice (un po' come i chili di troppo nelle diete), perché i mercati finanziari si sono chiaramente adagiati negli ultimi anni sulle politiche monetarie accomodanti e hanno bisogno di tempo per trovare nuovi equilibri. Alcuni suggeriscono come questi meeting delle banche centrali nell’attuale fase rappresenterebbero un’ultima finestra utile prima di vedere concretamente una fase di rallentamento economico. Tra gli altri asset obbligazionari in recupero gli High Yield grazie al buon tono dell’equity.

I cambi raccolgono quindi le nuove tendenze e l’Euro recupera la parità verso il Dollaro USA (+0,8%). Il clima di breve di risk on premia inoltre le criptovalute. In ambito materie prime: in calo il gas (-9%) e mentreil petrolio torna sopra quota 85$. Segni più marcati per metalli preziosi ‘industriali’ (oro invece stabile a 1.715$), nickel (+12%) e grano (+7%).

Fonte: ufficio studi Consultique SpA

 

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