Il rialzo di inizio 2023 si prende una piccola pausa in questa ottava, con le borse che, nella prima parte dell’ottava, hanno ripiegato dopo l’ottima partenza nella prime ottave dell’anno, anche se poi la chiusura USA è stata in buon recupero.

Uno storno intraweek che, da un certo punto di vista, era anche fisiologico dal punto di vista tecnico, visto l’avvicinamento a soglie rilevanti ma che si lega anche a due altri fattori che terranno banco per le prossime settimane. La prima è ovviamente l’onnipresente ruolo delle banche centrali, per le quali l’appuntamento è ad inizio febbraio: l’esperienza degli ultimi mesi insegna che le corse in avanti dei mercati si sono spesso scontrate con il rinnovato decisionismo di Fed e BCE, negando recuperi più ampi dei listini. Una determinazione che porta a temere il cosiddetto ‘over tightening’, ossia il restringere così tanto le condizioni finanziarie da provocare un effetto negativo sull’economia (e che probabilmente non vi sarebbe). Il secondo fattore è legato ai dati macro e agli utili aziendali, con l’evidenza che in alcune fasi le letture sono state spesso ambivalenti, con gli operatori quasi a tifare per le cosiddette “bad news” che stopperebbero i propositi di Fed e BCE. Da qui deriva anche la sensazione, che vale soprattutto per gli indici USA, di avere nel breve termine una certa compressione nei movimenti, in attesa di uno spunto direzionale. In tale situazione, anche il mercato dei bond cerca di mantenere una tendenza più distesa rispetto al 2022, disegnando la possibilità di un consolidamento e prefigurando una prima parte di 2023 di transizione.

I dati macro-settimanali hanno presentato per l’Italia il dato di inflazione per dicembre (uscito a +0,3% mese su mese, secondo le attese) mentre per l’economia USA il rilascio di indicatori relativi a produzione e vendite. Il quadro non è molto dissimile dal recente trend con un peggioramento dei valori e l’attestazione che l’azione della Federal Reserve sta impattando sull’andamento del ciclo economico. In calo, infatti, le vendite al dettaglio così come la produzione industriale, al pari, però anche dei prezzi. Insomma, il raffreddamento è confermato così come un indebolimento della crescita che però secondo la Fed di Atlanta resta positiva (+3,5% nel 4° trimestre 2022 rispetto al +4,1% precedente). Il mercato del lavoro US resta invece tonico, elemento che porterebbe la Fed a non abbassare ancora la guardia.

In Europa i dati macro stanno confermando un quadro migliore rispetto a quanto attese qualche mese fa e di questo ne prende atto anche la BCE che suggerisce un 2023 con una contrazione economica limitata. In questo scenario si dovrebbe inserire anche una Cina supportiva in tema di crescita economica globale dopo le recenti riaperture economiche. Sul fronte degli utili aziendali, l’andamento complessivo della tornata di trimestrali, relativa al 4° trimestre, è sopra le attese anche se non sono mancate alcune delusioni illustri come Goldman Sachs e Citigroup. Il chiaroscuro rimane il tono attuale principale così cose il tendenziale che vede moderate revisioni al ribasso degli utili.

La settimana si chiude con un saldo misto per gli indici USA, l’S&P 500 cede lo 0,6% mentre il Nasdaq guadagna lo 0,7%. Per il primo il ripiegamento intraweek ha prima allontanato l’indice americano da alcuni livelli tecnici (e psicologici) particolarmente sentiti, come area 4.000 punti, per poi recuperare in close (3.972). Un ritracciamento spiacevole (la sensazione di un sentiment ottimista era palpabile nella scorsa settimana) ma che non ha deteriorato la costruzione tecnica nata nello scorso ottobre con i minimi a quota 3.500- 3.600. Questo avverrebbe in maniera significativa solo tornando sotto ai livelli dei 3.800 punti, vero bivio tecnico dell’attuale fase di mercato, la cui violazione aprirebbe la strada non solo al retest dei minimi.

Verso l’alto la situazione è da decifrare: la trendline ribassista che parte da inizio 2022 e che viene molto pubblicizzata appare in realtà ‘logora’ e potrebbe dare falsi segnali. Significativo è il livello a 4.080/4.100: tolto il rumore di breve termine, infatti, sopra questi valori il mercato potrebbe ambire a ulteriori potenzialità rialziste. Segno più invece per Nasdaq, tecnicamente già più vicino ai minimi di ottobre a causa della marcata perdita di forza relativa negli ultimi mesi del 2022, ma ora più in cerca di riscatto. Dopo l’uptrend si prende una pausa l’Europa che, assieme ai flussi di ritorno verso il Vecchio Continente, ha beneficiato finora di un clima macro meno fosco di quanto ci si attendeva. In media i listini chiudono l’ottava di poco negativi, con l’Eurostoxx che resta non distante dai massimi di inizio 2022 e con una forza relativa ancora positiva. Vix che chiude sotto area 20, sulla parte bassa del range degli ultimi mesi.

A livello settoriale e tematico, l’ottava ha visto un calo abbastanza generalizzato delle diverse aree di investimento. A livello globale, Energy e Materials hanno difeso le posizioni grazie ad un sentiment supportivo sulle materie prime, petrolio incluso. Male invece i difensivi e deboli i Finanziari (hanno pesato le trimestrali) mentre i Tech si sono fatti valere grazie al declino dei tassi reali. I settori legati ai Materiali soprattutto in Europa hanno saputo esprimere una ulteriore positività. Tra i temi di investimento benino le nicchie Tech mentre in forte calo tutto l’ambito delle energie pulite.

In ambito obbligazionario, cerca di resistere il clima positivo da inizio anno, con una distensione che continua in maniera abbastanza generalizzata sui diversi segmenti dell’asset class. Il bottino poteva essere in realtà anche più elevato se non fossero intervenuti elementi di disturbo che il mercato ben conosce. I toni hawkish arrivati sono di matrice prevalentemente europea, con diversi esponenti della BCE, tra cui la Presidente Lagarde, a rimarcare come già nel precedente meeting di dicembre si fosse valutata di essere ancora più incisivi, con un rialzo del costo del denaro dello 0,75% (in luogo dello 0,50% deciso). Vengono da chiedersi almeno due cose: la prima è abbastanza scontata e cioè cosa sarebbe successo ai mercati (già negativi nella seconda parte di dicembre) se la BCE avesse intrapreso veramente quella strada. O forse, visto l’andamento fortemente al rialzo dei tassi nelle ultime settimane dell’anno, questa intenzione alla fine era trapelata negli scambi. La seconda cosa è in relazione ai rumours per i prossimi meeting della banca centrale europea, secondo i quasi vi era la possibilità di un ritocco dello 0,25% ad inizio febbraio, rispetto allo 0,50% atteso dai mercati. Un situazione piuttosto curiosa e che conferma come la fase attuale contenga molto ‘rumore’ nel breve termine, con cambi di sentiment anche repentini.

Tornando alla settimana in corso, sono state le dichiarazioni di Knot (governatore olandese) a suggerire che la BCE manterrà ancora per i prossimi mesi un atteggiamento poco conciliante rispetto ai tassi di interesse, anche considerando che l’economia tutto sommato è ancora in buono stato e si dovrebbe evitare anche la recessione (tecnica o no). Qualche brivido in stile 2008 agli investitori con più esperienza non può non venire. Ecco, quindi, che il decennale tedesco, dopo essersi avventurato sotto al 2% di rendimento ha poi ripreso la salita, chiudendo in area 2,15%-2,20%. Anche il titolo a 2 anni, dopo aver toccato quota 2,45% è tornato tonicamente al 2,58%, con la curva ancora nettamente invertita. Per la BCE il mercato prezza, comunque, un rialzo quasi certo dello 0,50% a febbraio, con poi marzo, maggio e giugno a completare l’opera e portare i tassi di sconto dall’attuale 2,50% fino al 3,50%-4%: tanta roba! Negli USA il Treasury a 10 anni ha mimato un comportamento simile (discesa e poi nuovo rialzo), chiudendo al 3,48% (il 2 anni è al 4,15% ed è in tendenziale discesa da metà ottobre quando il mercato ha iniziato a prezzare il Pivot di metà 2023). La discesa dei tassi ha permesso un buon tono anche per il corporate investment grade mentre l’high yield ha sentito maggiormente qualche insicurezza dell’equity.

Settimana stabile per le materie prime, con il basket di poco positivo (+0,5%). Ad essere ancora positivi sono i metalli industriali, guidati da un Nickel in recupero dopo le precedenti discese. Stabili i preziosi, con l’oro che consolida sopra i 1.920 Dollari l’oncia. Il petrolio è tornato sopra gli 80$ ma con una certa volatilità, mentre il gas ha confermato la debolezza dell’ultima fase di mercato (-30% da inizio anno).

Anche sul fronte valutario, settimana di alti e bassi con il cambio Euro Dollaro. Le quotazioni rimangono comunque vicino ai massimi di periodo in area 1,085, con una sensibilità molto accentuata rispetto alle dichiarazioni degli esponenti delle banche centrali e l’Euro che non molla il trend positivo. Perde posizioni invece lo Yen giapponese: le attese erano per un ulteriore allargamento della banda di oscillazione dei tassi a lunga, preludio di qualche modifica alla politica monetaria accomodante in corso, mentre poi il tutto si è risolto con un nulla di fatto (restano tuttavia le ipotesi per i prossimi trimestri). Ancora positive le cripto con Bitcoin sopra i 22.000 $ (+12%).

Fonte ufficio studi Consultique SpA

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