Le borse hanno continuato a tenere un tono positivo e costruttivo, con rialzi generalizzati e poche eccezioni dove, stavolta, è stata Wall Street a fare la parte del leone tra i listini internazionali.

Un upside rafforzato sopratututto dal ritrovato appetito degli investitori per le big cap americane della tecnologia, con un picking quindi volto a pescare tra i segmenti dei ‘delusi’ del 2022. Restando però su un piano più generale, la settimana appena conclusa differisce leggermente da quelle precedenti per la mancata univocità nei movimenti di azionario e obbligazionario che finora aveva contraddistinto questo inizio d’anno. Le borse stanno seguendo un tracciato molto preciso, dove elementi fondamentali, macro e tecnici si fondono insieme: una minore preoccupazione in campo macro (se sarà recessione, sarà “soft”), utili in flessione nella crescita ma senza segni meno, banche centrali che, si pensa, si rilasseranno a metà dell’anno in quanto l’inflazione non sarà più così monstre da richiedere restrizione. Come è stato già fatto rilevare nelle scorse settimane, i listini spingono verso l’alto perché da un lato vedono la risoluzione dei problemi sorti nel 2022 e, quindi, con opportunismo, si portano avanti col lavoro. Ci sarà tempo poi eventualmente per correggere la rotta. La dinamica obbligazionaria della settimana è stata debole…almeno per i governativi. I buoni dati usciti negli Stati Uniti in tema di crescita e PIL, che per l’equity diventa ‘zucchero’, per i bond significa livellare di nuovo i tassiverso l’alto. Un gioco di equilibrismi che presumibilmente sarà il leit motiv del 2023.

Dati macro e fondamentali sono stati di supporto agli indici: il PIL USA relativo al quarto trimestre è uscito al 2,9% (vs 2,6%), fattore che ha sorpreso in positivo dando un buon boost al sentiment. Poco ha evidentemente pesato il mercato che buona parte del valore è insito nella variazione delle scorte, ma anche il quadro relativo al mercato del lavoro (sussidi) è stato supportivo in termini di view positiva (o meno negativa) sull’economia. Il che può piacere ai mercati (volubili in realtà sul tema) ma non è detto che piacerà alla Fed che tra pochi giorni dovrà decidere sui tassi. La stagione delle trimestrali vede un saldo generale debole, con un -1% di variazione assoluta nel trimestre e +2% di effetto ‘sorpresa’: bene Tesla, incerta Microsoft, male Intel e un generale taglio di stime e costi.

La settimana si chiude con un progresso per l’S&P 500 di oltre il 2%, con un close che porta il principale indice USA ben sopra i 4.000, ad un passo ormai dal livello dove fu stoppato a metà dicembre dai frustranti meeting delle banche centrali. L’indice si riporta insomma sul luogo del crimine e sopra questo livello (4.100) vi sarebbero poi gli obiettivi in area 4.300, dove fu lo speech di Powell a Jackson Hole ad annientare il rally estivo. Al di là dei target che si raggiungeranno nel breve è basilare rilevare come la costruzione tecnica rialzista sia già in corso da fine dicembre. Finchè non si abbatterà al ribasso quota 3.800 (IL baluardo), le prospettive sono al rialzo: per quanto sia difficile dirlo e per quanto siano da mettere in conto alti e bassi. Con il monito del 2002 da non dimenticare: anche in quel frangente gli indici recuperano molto terreno dai minimi del 2001 (+23%) per poi cadere sotto i colpi della recessione. Però, per il momento, il mercato ci prova ad essere ottimista: quando troppe cose sono scontate in senso negativo, il mercato inizia a recuperare le posizioni perdute.

Il Nasdaq trae comunque forte beneficio dal contesto attuale e con un +4,7% settimanale quasi doppia la performance da inizio anno dell’S&P (+10,2 vs +5,8), attestandosi ai livelli delle borse europee, finora leader nei rendimenti year to date. I listini del Vecchio Continente tirano sostanzialmente il fiato, con quelli a trazione più ‘value’ come FTSE Mib e Dax ancora tra i migliori e quelli più difensivi, come SMI e Nordici poco reattivi. Tra gli emergenti continua il magic moment della Cina (+3,9% e +16% da inizio anno) dove il fattore riaperture e quello del sostegno governativo danno una spinta propulsiva per il recupero in corso.

A livello settoriale e tematico, l’ottava ha una predominanza dei temi ‘growth’ (da qui l’extraperformance positiva delle borse USA), dove i Tech fanno la parte del leone (+3,7%). Le tematiche più difensive come Consumer Staples, Health Care e Utilities riflettono un maggiore appetito per il rischio e forse anche un riequilibrio dei portafogli. Quelle a maggiore caratterizzazione Value in realtà non sono state dimenticate perché l’Energy risulta ancora intonato (gli utili sono forti) al pari dei Finanziari (che trovano ancora un ambiente positivo per il business). Tra i temi best performer tutti i tech (Chip, Cyber Security, AI, Battery).

Come detto nella parte iniziale, in ambito obbligazionario c’è stata una divergenza rispetto all’equity. Una lettura a cui non si era forse più abituati dopo un 2022 di mancata decorrelazione: l’ambito governativo dei bond è infatti sceso, soprattutto nella zona Euro, dove il tema dei tassi continua ad essere oggetto di public speaking da parte degli esponenti della BCE. Dopo che nelle scorse settimane si sono accavallate ipotesi varie sulla politica monetaria della BCE, nell’ottava appena trascorsa si sono avute risalite sia per i rendimenti del debito core (decennale Bund al 2,25%) sia per quello periferico (BTP al 4,10%). E’ probabile che questi andamenti ondulatori saranno ancora presenti nel 2023 visto che le banche centrali intendono tenere la barra dritta sui tassi di sconto, ‘tenendo su’ anche il resto della curva. A meno, ovviamente, di fenomeni macro negativi. Negli Stati Uniti si è visto un movimento sostanzialmente simile, con il decennale che, soprattutto nella seconda parte dell’ottava, dopo i dati macroeconomici rilasciati su PIL e mercato del lavoro, ha potuto riportarsi, se pur di poco, in area 3,50%. Da rimarcare in questo senso l’ampia dispersione che si ravvisa nelle posizioni in seno al FOMC circa le prossime mosse da attuare non tanto nei prossimi meeting ma nel dopo (si veda il Dot Plot attuale). Intanto la Bank of Canada, con il rialzo da 0,25%, decide di fermarsi per valutare l’impatto delle misure adottate.

Questo sarà certamente il tema anche della FED per il 2023, tra chi vorrà mantenere il più possibile una politica monetaria guardinga rispetto all’inflazione (il timore/terrone è infatti quello di mollare la presa e poi ritrovarsi il problema da gestire) e chi invece vorrà in qualche modo andare incontro al mercato che già pregusta il Sacro Graal rappresentato dal Pivot sui tassi. Alcune letture prudenti fanno notare come normalmente le difficoltà dei mercati azionari e i successi invece di quelli obbligazionari avvengano proprio quando la Fed inizia a tagliare i tassi, con le curve che da una posizione molto piatta (come ora, visto che il differenziale tra 10Y e 2Y negli USA è pari a -70 bps) iniziano a irripidirsi di nuovo. La tonicità del mercato azionario si è espansa abbastanza rapidamente al segmento high yield, con una riduzione dello spread di credito, visibile (se pur in tono minore) anche su quello investment grade.

In ambito materie prime, si riporta un’ottava sostanzialmente piatta per il basket generale, invariato anche da inizio anno. In ambito energetico, il petrolio ritorna sotto area 80$ (-2%) meglio comunque del gas che continua il suo crollo (-6,5%), esacerbato anche temperature miti in alcune aree del mondo ma anche dal fatto che gli storage sono stati sostanzialmente riempiti negli scorsi mesi. Stabile l’oro in area 1.925 $ mentre sono stati positivi gli andamenti di materie prime agricole (caffè, zucchero) e qualche metallo industriale (Nickel, Piombo).

Per quanto riguarda le valute, il cambio EUR-USD è risultato sostanzialmente invariato, in attesa della settimana in cui saranno protagoniste le banche centrali (FED mercoledì, BCE giovedì): il valore di chiusura si attesta infatti in area 1,085. Ovvio che variazioni rispetto a quanto atteso dei mercati in tema tassi porterà a movimenti più o marcati. Tra le altre valute da segnalare la forza del Dollaro Australiano dopo il record sui dati di inflazione. Bitcoin ancora positivo (+3,5%).

Fonte: ufficio studi Consultique SpA

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